giovedì 12 marzo 2020

Coronavirus. Perché l’Oms parla di pandemia e cosa ci insegna l'emergenza sanitaria attuale, a nostre spese


Prossimamente forse riporterò in questo blog alcune foto di ciò che vedo quando mi capita di uscire per fare la spesa. Il clima è deprimente, vedo mamme accompagnare i bimbi con le mascherine addosso, la gente dal tabacchino aspetta il proprio turno davanti all'ingresso. Qualche bar ha la striscia bianca a un metro dal bancone, alcuni ancora no. Anche dalla mia edicolante preferita c'è la linea distanziatrice. L'ultima volta l'ho incontrata all'entrata della bottega, con indosso mascherina e guanti blu.

Qui a Limbiate nella ridente Brianza, queste scene si vedono da circa un paio di settimane, ovvero da quando solo la Lombardia e poche province limitrofe erano considerate "zona rossa". Non so dai miei a Cagliari, ora che siamo tutti "rossi", se si vedono cose del genere adesso.

Immaginate che quel che vedo io - quel che vedete anche voi - si estenda almeno ad altri otto paesi dove i casi confermati superano i mille. Ecco, secondo l'Oms quando una tabaccaia di Limbiate somiglia a una di Seul o di Wuhan, allora si può parlare di pandemia.

Le parole di Tedros Adhanom Ghebreyesus


Non è stato facile riconoscere la situazione pandemica. «Non è una parola da usare con leggerezza o noncuranza», spiega in una lettera ufficiale il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus. Il numero di casi confermati di Covid-19 nel Mondo è aumentato tredici volte, mentre quello dei Paesi colpiti è triplicato.

Ma è anche vero che questi oltre 118mila casi non sono distribuiti omogeneamente nei 114 paesi coinvolti. Più del 90% dei contagiati si trova in quattro Stati: Cina, Corea del Sud, Italia e Iran; senza contare che nei primi due paesi l’epidemia sta declinando in maniera significativa.

Così per l’Oms «descrivere la situazione come una pandemia non cambia la valutazione - continua  Ghebreyesus - sulla minaccia rappresentata da questo virus». Le preoccupazioni sono ancora tante, non era mai successo che l’Oms dovesse occuparsi di una pandemia scatenata da un coronavirus.

BBC News | Tedros Adhanom Ghebreyesus.

Perché adesso si può parlare ufficialmente di pandemia?


Come avevamo avuto già modo di approfondire consultando diversi esperti, si passa da epidemia a pandemia quando un aumento significativo dei casi non riguarda più un’unica area circoscritta, mentre si assiste invece a una stessa tendenza in diverse regioni del Mondo.

«Una pandemia influenzale - spiega l’Oms - si verifica quando un nuovo virus influenzale emerge e si diffonde in tutto il Mondo e la maggior parte delle persone non ha immunità. I virus che hanno causato pandemie in passato, in genere hanno origine da virus dell'influenza animale». 
«La pandemia si verifica nel momento in cui un virus riesce a stabilirsi e circolare in più di un continente», spiegava l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco su Open

Altri paesi come il nostro, sono passati dal dover ricostruire il percorso del virus - risalendo a un “paziente zero” proveniente dalla Cina - a prendere atto che ormai SARS-CoV2 è diventato “di casa”. Non si tratta più di impedire il suo arrivo, ma di contenere i casi di contagio.

STAT | WHO declares the coronavirus outbreak a pandemic.

Infodemia, minimizzazione e falle nei controlli


Sono più di cento i paesi nel Mondo a dover far fronte all’emergenza sanitaria: otto hanno più di mille casi accertati; nei successivi dieci nella “classifica del contagio” sono stati superati i duecento casi. Diverse criticità hanno segnato l’avanzare dell’emergenza sanitaria.

Molti si sono concentrati inizialmente sui cittadini provenienti direttamente dalla Cina, trascurando i viaggiatori che facevano scalo in altri Stati. I limiti sono anche "fisiologici": non è di fatto possibile sottoporre a tampone tutta la popolazione, anche se diverse innovazioni emerse a tempo di record fanno ben sperare per future emergenze, di poter monitorare con più efficienza i casi di contagio. 

Infine, diversi siti Web dediti alla disinformazione, hanno diffuso la suggestiva ipotesi che il virus potesse essere stato ingegnerizzato in un laboratorio di Wuhan, trascurando il fatto che oggi è tristemente evidente la ragione per cui, un’arma biologica basata su un virus non può essere controllata, divenendo un vero e proprio boomerang. 

Johns Hopkins University | I casi confermati di Covid-19 nel Mondo la mattina del 12 marzo 2020.

Alcune lezioni di comunicazione del rischio


Altri hanno approfittato della situazione per sostenere cure miracolose a base di vitamina C, mentre presunti operatori sanitari hanno disseminato su WhatsApp messaggi volti a screditare l’affidabilità degli esperti, allontanando le persone dalle raccomandazioni dei canali ufficiali.

Le parole degli stessi esperti sono state spesso finite a uso e consumo dei media di massa, decontestualizzandole, in modo da creare una sorta di disputa tra “allarmisti” e “minimizzatori”, là dove era forse il caso di attenersi a una linea comunicativa comune. 

Una comunicazione confusa rende tali anche legislatori e governanti, che si trovano a dover decidere quali misure prendere e con che urgenza. Saper comunicare il rischio è una delle tante lezioni che Covid-19 ci sta dando, preziosa forse più dello smart working, o dell’imparare a stare con se stessi in casa, per qualche tempo.


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