Perché il Pfizergate non compromette efficacia e sicurezza del vaccino
La direttrice regionale della Ventavia Research Group Brook Jackson è stata licenziata a seguito di una e-Mail da lei inviata il 25 settembre 2020 alla FDA, dove denunciava diverse irregolarità avvenute quando l’Azienda era stata coinvolta nella sperimentazione di fase 3 del vaccino contro il nuovo Coronavirus di Pfizer, in tre siti di ricerca del Texas.
Il giornalista investigativo Paul D. Tacker ha raccontato la vicenda sul British Medical Journal (BMJ), dopo che Jackson aveva inviato alla rivista scientifica dozzine di documenti interni, dove si evince da parte di Ventavia l’impiego di vaccinatori poco qualificati, falsificazione di dati, falle nel sistema del doppio cieco e rallentamenti nel riportare gli eventi avversi riscontrati.
Come vedremo, questo genere di irregolarità, per quanto gravi, avrebbero potuto falsare i dati, facendo risultare il vaccino meno efficace. Non parliamo dunque di falle capaci di gonfiare i dati in favore di Pfizer.
Una falla nei sistemi di controllo
Queste criticità possono essere estese all’intera sperimentazione? Molto improbabile. Parliamo di tre siti controllati dalla sola Ventavia, mentre l’intero progetto di ricerca ha coinvolto numerosi altre aziende e Università, coprendo 153 siti. Nell’autunno 2020 il CEO di Pfizer Albert Bourla aveva spiegato in una lettera aperta, che la sperimentazione sarebbe andata «alla velocità della scienza», in risposta alle richieste riguardo ai tempi di introduzione del vaccino.
Jackson riferisce alla FDA che Ventavia si occupava di circa mille partecipanti. Teniamo conto che l’intero trial ha coinvolto 44mila volontari. C’è da chiedersi se Pfizer avesse svolto accertamenti presso i gruppi di ricerca coinvolti. Sappiamo che solo oggi la casa farmaceutica ha eseguito una ispezione. Fino all’11 dicembre 2020, data dell’approvazione del vaccino da parte della FDA, non risulta che la casa farmaceutica fosse al corrente dei problemi di Ventavia.
Cosa forse più preoccupante è il fatto che l’FDA ad agosto di quest’anno avrebbe ispezionato nove dei 153 siti coinvolti, per tanto è da considerarsi un campione significativo. tra questi non ci sarebbero quelli di Ventavia. Tuttavia l’Agenzia americana dovrebbe sempre aggiungere ai siti da ispezionare anche quelli segnalati, se li ritiene credibili. Possiamo solo congetturare che l’Agenzia, sentendosi sotto pressione durante l’amministrazione di Donald Trump, abbia lasciato correre. Le vere ragioni probabilmente non le sapremo mai. Resta il fatto innegabile, che questa presunta mancanza – per quanto non possa pregiudicare i risultati della sperimentazione – è una grave mancanza nei sistemi di vigilanza.
Perché le presunte criticità non pregiudicano il vaccino?
Da prima Jackson aveva tentato di segnalare diverse mancanze alla sua Azienda. Solo in un secondo momento, non ottenendo alcun risultato, si era rivolta alla FDA. Dopo il licenziamento si è infine rivolta a Tacker, inviando tutta la documentazione che era riuscita a raccogliere alla redazione del BMJ.
Anche volendo credere che Ventavia avesse commesso delle irregolarità apposta per falsare i dati, queste avrebbero al massimo peggiorato i risultati sul vaccino a danno di Pfizer, ch’è di fatto vittima di questo caso eccezionale. Jackson mostra immagini di aghi gettati in maniera non adeguata, campioni etichettati scorrettamente e scarsa vigilanza clinica sui volontari; tutte cose che possono andare a discapito dei partecipanti, per quanto la sicurezza del vaccino fosse stata già accertata nelle fasi sperimentali precedenti.
È vero che Jackson fornisce anche prove del fatto che i numeri identificativi dei volontari fossero lasciati in bella vista. Tuttavia l’identificazione di chi avesse preso il placebo o il farmaco vero (vanificando il doppio cieco) non è immediata. Occorrerebbe dimostrare che qualcuno avesse intenzionalmente avuto accesso ai database, con l’intenzione di vedere chi avesse preso il vaccino e chi no.
Quanto emerso non è di poco conto, tuttavia per come sono state presentate le fonti, le irregolarità in sé non possono aver gonfiato i dati sull’efficacia, al contrario li avrebbero potenzialmente peggiorati. Questi effetti ad ogni modo sono circoscritti in un numero di siti e volontari irrilevante rispetto alle dimensioni del trial in generale. Non siamo i soli a notarlo. Il professor Enrico Bucci come Jackson è un esperto nella revisione degli studi biomedici. In una recente analisi su Il Foglio lo Scienziato elenca le criticità segnalate dalla collega, arrivando per primo alle nostre stesse conclusioni.
Foto di copertina: x3 | Immagine di repertorio.
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