giovedì 13 luglio 2023

Trovati frammenti di una nave spaziale nell’Oceano Pacifico? Non proprio


Il professor Loeb torna a sognare astronavi. Ma di certo sappiamo solo che l'oggetto IM1 era un meteorite

L’astrofisico Avi Loeb, già noto per aver ipotizzato che l'oggetto interstellare Oumuamua - avvistato nel 2017 - fosse una sonda aliena autonoma simile a una vela solare, oggi torna a farci sognare affermato di aver recuperato delle sfere metalliche dall’Oceano che potrebbero essere la prova di una antica presenza aliena. Parliamo di oltre 50 sfere, raccolte durante una spedizione scientifica finanziata dal miliardario Charles Hoskinson. La spedizione nell'Oceano Pacifico è volta al recupero del Meteorite Interstellare 1 (IM1). Secondo quanto riporta Independent, Loeb «crede che i minuscoli oggetti […] abbiano origini interstellari o che siano stati realizzati da una civiltà extraterrestre avanzata». La rivista divulgativa Sci News ha trascritto un’ampia intervista al professor Loeb, dove espone le sue ipotesi. Loeb ha rilasciato prima ancora un’intervista in merito a Motherboard


La presunta origine interstellare di IM1


Il governo degli Stati Uniti avrebbe rilevato la palla di fuoco di IM1 alle 17:05 dell'8 gennaio 2014, confermando che questa meteora stesse accelerando oltre il valore necessario per fuggire dal sistema solare. Si è osservato che l'oggetto si è disintegrato in tre parti a 20 km sopra la superficie dell’Oceano Pacifico. Due anni prima Loeb e il suo allievo Amir Siraj hanno pubblicato un articolo sulla scoperta di IM1. Secondo loro l'oggetto si stava muovendo più velocemente del 95% delle stelle vicine al Sole, mentre usciva dal Sistema Solare. 


La possibilità che l'elevata velocità di IM1 fosse dovuta a una propulsione e il fatto che fosse più resistente di tutte le altre rocce spaziali conosciute, avrebbero aumentato la probabilità - secondo Loeb - che possa essere di origine tecnologica, simile alla navicella New Horizons della NASA, che avrebbe esplorato un esopianeta e si sarebbe disintegrata nella sua atmosfera come una meteora interstellare.


Cosa ha trovato il team di Loeb


A bordo della nave Silver Star, il team di ricercatori capitanato da Loeb ha impiegato alcuni giorni per portare la slitta magnetica sul fondo dell'oceano e qualche giorno in più per comprendere la natura di ciò che avevano raccolto. Durante il recupero hanno notato che la polvere nera di cenere vulcanica era il materiale più abbondante attaccato ai magneti. Questa polvere era presente ovunque, anche nelle zone di controllo lontane dal luogo di IM1. Dopo una settimana in mare i ricercatori hanno utilizzato un filtro con una maglia di un terzo di millimetro per separare le minuscole particelle vulcaniche e osservare le particelle più grandi al microscopio. Poco dopo, il geologo del team, Jeff Wynn ha comunicato a Loeb, che Ryan Weed, un analista del team, aveva osservato al microscopio una bellissima sfera di marmo metallico con dimensioni inferiori al millimetro e massa inferiore al milligrammo. 


L'analisi della composizione ha rivelato che l'84% era costituito da ferro, l'8% da silicio, il 4% da magnesio e il 2% da titanio, oltre ad oligoelementi. Queste sfere, che appaiono come bellissime biglie metalliche al microscopio e hanno dimensioni inferiori al millimetro, erano concentrate lungo il percorso previsto di IM1, a circa 85 chilometri dalla costa dell'isola di Manus, in Papua Nuova Guinea. È interessante notare che le sferule meteoriche mostrano segni di un rapido riscaldamento con dendriti superficiali, la cui distanza spaziale può essere utilizzata per stimare la temperatura massima raggiunta nella palla di fuoco. I ricercatori hanno notato una struttura interna delle sferule, con sfere all'interno di sfere, suggerendo eventi di fusione gerarchica di piccole gocce durante l'esplosione. Ma la scoperta più interessante è stata fatta tramite la spettroscopia di massa, che ha rivelato la presenza di uranio e piombo.





Perché probabilmente non si tratta di tecnologia aliena


La giornalista scientifica Joanna Thompson ha spiegato nella sua analisi per Live Science perché è improbabile che tali sfere metalliche provengano da una tecnologia aliena, basandosi sulle affermazioni dello specialista di meteoriti Peter Brown dell'Università dell'Ontario occidentale in Canada, il quale ha espresso innanzitutto delle perplessità riguardo al merito:


È noto da un secolo che se prendi un rastrello magnetico e lo fai scorrere sul fondo dell'oceano, solleverai sferule extraterrestri - spiega Brown -, tali detriti si sono accumulati in tutto il mondo sul fondo del mare nel corso di milioni di anni a causa delle meteoriti che hanno lasciato cadere minuscoli frammenti di metallo fuso mentre passavano sopra di loro. Tenendo conto dello spostamento delle correnti oceaniche e dei movimenti sedimentari, sarebbe sostanzialmente impossibile dire che queste particolari sfere provengano da un particolare evento. […] L’affermazione che la meteora provenga dall'esterno del nostro sistema solare si basa sulla sua ridicola velocità quando entra nella nostra atmosfera. Tuttavia - continua Brown -, soprattutto a velocità più elevate, i sensori del governo degli Stati Uniti tendono a sovrastimare le velocità. 


Dunque la velocità inferiore spiegherebbe anche l'insolito profilo di luminosità dell'oggetto, che non corrispondeva a quello previsto quando un meteorite metallico che si muove a oltre 100.000 mph (160.000 km/h). Brown ha spiegato tutto questo in un recente studio dove mette in discussione la stessa origine interstellare di IM1. 


Più precisamente, i dati a disposizione non escludono una origine interstellare, ma questo non significa che lo dimostrino. «Ad oggi - spiega Thompson -, non ci sono stati impatti confermati di meteoriti interstellari sulla Terra, anche se lo stesso Brown ha trascorso 20 anni a cercarne uno». Ed è forse questo il problema: chi cerca prima o poi qualcosa la trova, ma non è detto che sia davvero quel che si sperava di scoprire. «Per quanto riguarda la possibilità che questa sia una prova della tecnologia extraterrestre - continua la collega -, la maggior parte della comunità scientifica è scettica». Insomma, come diceva “qualcuno”, «affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie», Loeb sembra ancora lontano dal presentarne.


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