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Foto-credit: Stephan Getzin (via Beavis729) | Fairy circles in the Marienflusstal area in Namibia. |
Il recente studio di PNAS condotto esaminando immagini satellitari con modelli basati sull’Intelligenza artificiali suggerisce che queste misteriose formazioni non sono circoscritte nella sola Namibia, ma non può dimostrarlo. Sulla loro origine una delle ipotesi più interessanti chiama in causa una specie di termiti
Parliamo di cerchi delle fate (Fairy circle), da non confondere coi Fairy ring (cerchi delle streghe), i quali sono formati da colonie di funghi. Anche i più famosi cerchi nel grano (crop circle) non c’entrano, non fosse altro per il fatto che non si tratta di formazioni naturali, ma di opere d’arte prodotte dall’Uomo (sì, va precisato che non sono opere di extraterrestri).
Origine e distribuzione nel mondo dei cerchi delle fate è ancora oggetto di dibattito. Sono tipici delle zone desertiche della Namibia in Africa, costituiti da tracce circolari di terreno sabbioso. Il loro diametro può variare da due a dieci metri. Queste formazioni che punteggiano le terre aride.
«Uno dei motivi per cui i cerchi della Namibia o quelli dell'Alaska sono rimasti a lungo senza una spiegazione dipende forse dal fatto che si trovano in luoghi remoti - spiega il segretario del CICAP Massimo Polidoro in un articolo sui cerchi misteriosi -. Se si fossero formati in zone abitate avremmo risolto il problema da tempo. Questi paesaggi sono incredibili, proprio il genere di cosa che chiede di essere spiegata».
C’è chi parla di terreno radioattivo, alcuni suggeriscono la presenza di proteine tossiche. Sembra avere maggiore credito l’idea che i cerchi delle fate possano essere dovuti a colonie di termiti. Il team di ricerca guidato dal botanico sudafricano Gretel van Rooyen ha pubblicato nel 2004 una review di queste ipotesi sul Journal of Arid Environments dove i ricercatori riportano di non aver trovato traccia di termiti o di radioattività.
«Non è stato possibile rilevare alcuna prova di aumento della radioattività nei campioni di suolo raccolti da questi siti. Sebbene le termiti siano presenti in queste località - spiegano gli autori -, non è stata trovata alcuna prova che colleghi l'attività delle termiti direttamente alla formazione di zone sterili. I test biologici condotti sul terreno raccolto dal centro dell'area arida hanno chiaramente dimostrato un'inibizione della crescita delle piante, mentre il terreno raccolto dal bordo dell'area arida ha avuto un effetto stimolante sulla crescita delle piante. Non è stata trovata alcuna indicazione di inibizione della crescita nel terreno raccolto sotto le piante di E. damarana. Allo stato attuale nessuna delle ipotesi proposte riesce a spiegare in modo soddisfacente l'origine dei cerchi fatati».
Ma Thorsten Becker e Stephan Getzin dell’Università di Colonia puntano su una specie di termite in particolare, la Hodotermes mossambicus, che abbandona i nidi quando cambiano le condizioni che permettono di procurarsi il cibo.
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Screen tratto dalla ricostruzione video del NYT attribuita allo studio di Guirado et al. |
I limiti dello studio di PNAS
Alcuni avrebbero trovato cerchi delle fate anche nell'entroterra australiano o in altre zone desertiche del mondo. È ancora incerta quindi anche la loro distribuzione in tutto il mondo. Rachel Nuwer ha intervistato diversi ricercatori sul New York Times in merito ai risultati di un recente studio pubblicato su PNAS, basato su immagini satellitari date in pasto a modelli basati sull’Intelligenza artificiale. L'analisi mostrerebbe come i cerchi delle fate siano molto più diffusi di quanto precedentemente ipotizzato, con segnalazioni di 263 siti in 15 paesi su tre continenti diversi. Ma così non è possibile verificare l’autenticità dei rilevamenti, che richiederebbero esami più approfonditi. Come sottolineato da altri esperti che hanno studiato questi “cerchi fatati”. «In tutte le regioni aride del mondo esistono vari tipi di zone nude, causate da diversi processi», ha spiegato al NYT uno degli autori della ricerca, l’ecologo Norbert Jürgens dell'Università di Amburgo.
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Screen tratto dalla ricostruzione video del NYT attribuita allo studio di Guirado et al. |
I ricercatori, alcuni dei quali si occupavano dei cerchi per la prima volta, sono partiti da una osservazione su Google Earth: erano presenti modelli simili a cerchi delle fatate in Niger nel resto del mondo. Così gli autori hanno addestrato un modello di riconoscimento dei modelli utilizzando immagini di cerchi delle fatate ben noti situati in Namibia e in Australia. Successivamente, hanno applicato questo modello alle immagini satellitari di 575.000 lotti di terreno arido, ciascuno grande due acri e mezzo, sparsi in tutto il mondo.
Le regioni aride coprono il 41% della superficie terrestre. Il modello dei ricercatori è riuscito a individuare solo una piccola frazione di queste aree come potenziali luoghi in cui potrebbero esistere i cerchi delle fate, corrispondenti a circa 193 miglia quadrate. I ricercatori hanno poi esaminato manualmente le immagini satellitari per confermare che effettivamente si presentavano schemi simili a cerchi fatati in quasi tutti i luoghi identificati dal modello, spaziando dal Kazakistan al Madagascar. Sulla base delle loro scoperte gli autori hanno creato un profilo degli habitat in cui è più probabile che si verifichino modelli simili ai cerchi delle fate: sembrano predominare in ambienti caldi e aridi, con terreno sabbioso a basso contenuto di azoto e con precipitazioni annuali che variano da 4 a 12 pollici.
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Screen tratto dalla ricostruzione video del NYT attribuita allo studio di Guirado et al. |
Test statistici avrebbero confermato che i modelli corrispondono esattamente a quelli riscontrati in Namibia e Australia. Tuttavia gli autori dello studio sono rimasti coi piedi per terra, limitandosi a descrivere le loro scoperte come «modelli di vegetazione simili a cerchi delle fate». Sono tante ancora le incertezze. Per esempio l’ecologista Stephan Getzin dell'Università di Göttingen in Germania, aveva mostrato in uno studio pubblicato nel 2021 sul Journal of Vegetation Science, che i cerchi delle fatate si verificano secondo uno schema a griglia con un ordinamento «estremamente forte». Niente di simile sarebbe stato visto nei cerchi delle fatate identificati nello studio di PNAS, secondo il dottor Getzin.
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